Stefano Zardini posa accanto a una parte della sua attrezzatura; sottolineiamo, a sinistra, la “camera oscura” portatile, un Powerbook G4,17”, Mindstore 20GB, un rotolo di American Tape, un multilama Victorinox CyberTool, un torcia elettrica con lampadina Krypton e una seconda con tre LED, una pompetta per la pulizia del sensore e una penna con puntale scamosciato per la pulizia delle ottiche e un robusto treppiede Gitzo 2200 con testa a sfera Linhof. E ancora, Nikon F 100, D100, D2H; 14mm, 16mm, 12-24mmDX, 17-35mm, 28-70mm, 70-200mm VR, 105mm Macro, TC 14E, TC300, Flash Speedlight SB 80DX ed SB 28 (a breve rimpiazzato con il nuovo SB800).
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Stefano Zardini, classe 1945 è un professionista che discende da famiglia di fotografi nata alla fine dell'800 a Cortina d'Ampezzo.
Ha cominciato a lavorare con una Leica M3 poi Nikon F e sempre poi con Nikon, F2, F3, F4, F5 e poi ha affiancato alla F5 la D100. Oggi, quando può scegliere tra i due sistemi, predilige quello digitale.
Lavora in pellicola quando ha necessità di ultragrandangolari, fa del reportage con riviste come Panorama, fa fotografia di studio in bianco e nero (ritratto) esterni e interni di case per AD, architettura industriale, corporate.
Dieci anni fa si occupò del libro istituzionale della Barilla e fu la prima volta che venne accettato un progetto di quel calibro partendo da un lavoro eseguito in formato 24x36mm.
Per Zardini vale più una fotografia intelligente in formato 24x36mm di una stupida con una risoluzione da grande formato e conta sempre chi c'è dietro al mirino (o il display).
Lavora poco per i giornali di attualità quindi non avrebbe senso per lui la rapidità in quanto per i suoi committenti l'immediatezza della cronaca è superflua.
"Notte e giorno faticar, per chi nulla sa gradir, piova e vento sopportar, mangiar male e mal dormir…" (Leporello, Don Giovanni).
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Nonostante questo apprezza la rapidità del controllo dello scatto appena effettuato: la D100 in un certo senso ha un dorso Polaroid incorporato, perché ormai anche nel settore del reportage autentico non basta più riprendere l'evento eccezionale ma deve anche essere catturato in modo eccezionale e personale, e per questo la revisione immediata è fondamentale perché si continua comunque a ricercare ed esperimentare e quindi è necessario il controllo immediato dell'esperimento.
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Le etichette con i migliori diaframmi di lavoro incollate su ciascuna ottica. |
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Zardini si è equipaggiato con la D100 per una questione di rapporto prezzo/qualità rispetto alla D1.
Inizialmente ha utilizzato il suo parco ottiche D, che spazia dal 14 fino al 300 f/2.8, e poi man mano che sono usciti nuovi obiettivi di pari focale li ha sostituiti perché gli schemi ottici e i progetti sono in continuo miglioramento.
Studiando i test MTF di ciascun obiettivo ha segnato con delle etichette i migliori diaframmi di lavoro per ciascuna ottica direttamente sul barilotto dell'ottica. Inutile acquistare obiettivi da migliaia di euro senza sapere quali sono i diaframmi ottimali.
Un altro plus del digitale, per Zardini è dato dal fatto che non c'è bisogno della scansione quando deve inviare le foto alle riviste. Zardini rileva inoltre una forte differenza a vantaggio dello scatto digitale nativo rispetto a una scansione di una dia fatta con uno scanner anche raffinato come un prestigioso Coolscan di Nikon: nella scansione i parametri da tenere sotto controllo sono senza dubbio superiori ai parametri di settaggio di una reflex digitale, senza contare che scattando in RAW tanto lui come i grafici dei suoi committenti possono affinare l'immagine in base all'utilizzo.
Con la reflex digitale Zardini ha esorcizzato anni di lavoro d'archivio con un unico originale, non sopportando la pubblicazione di una sua immagine derivata da un duplicato, che spesso era lontano sia in fedeltà cromatica che in nitidezza alla diapositiva originale; Zardini arrivò al punto da inviare direttamente gli originali ai suoi committenti, che gli ritornavano strisciati e graffiati nella migliore delle ipotesi e, a volte, non gli ritornavano indietro affatto perché perduti. Con il digitale ovviamente non si pone il problema del duplicato ma è possibile inviare dei perfetti cloni dell'originale con l'esatta risposta cromatica e di nitidezza dell'originale.
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Zardini lavora con Photoshop, ma gli unici suoi interventi - che definisce di cicatrizzazione sono l'eliminazione di antenne, parabole cartelli stradali dove queste veramente disturbano la fotogenia dell'immagine – usa invece pochissimo sia la maschera di contrasto che la saturazione. Zardini non usa quasi mai il crop, cioè non taglia mai l'immagine perché di solito previsualizza con assoluta precisione la composizione degli spazi e degli elementi dell'inquadratura che devono nascere sul campo e non in post produzione.
L'immagine originale, scattata con
Nikon D100 e 70-200 VR alla focale 130mm (corrispondente a un 195mm nel formato 24x36 a 1/1250 f/3.5. Exposure Mode e White Bilance erano settati su Auto;
Contrasto Saturazione e Sharpness erano settati su Normal. Dell’immagine originale (2000x3008 pixel) è stato utilizzato solo un particolare, per la precisione
2000x1152 pixel, quindi poco più di un terzo.
Croppato dall’immagine originale il
particolare che è stato poi utilizzato.
Un dettaglio estremo interpolato per
verificare la perfetta nitidezza dell’immagine originale, osservate nell’immagine
precedente il fatto che tutti e quattro gli zoccoli del cavallo sono sollevati da terra:
il soggetto letteralmente "volava" nel momento in cui è stato immortalato.
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Lo spunto per questo Experience è nato durante la realizzazione dell'ultima campagna di affissioni Audi.
Audi sponsorizza un torneo di polo su neve a Cortina d'Ampezzo. L'agenzia di pubblicità di Audi aveva rilevato similitudine tra i cavalli del polo e i cavalli del motore, la trazione integrale su neve e la trazione integrale del cavallo su neve e quindi c'era la possibilità di giocare su uno slogan intelligente e intrigante; Zardini aveva in archivio delle recenti immagini di polo ed ha cercato un'immagine che esaltasse questo concetto e la scelta dell'agenzia è caduta su uno scatto del 2003, eseguito con Nikon D100, neppure in modalità RAW ma in JPG Fine, con ottica 70/200VR f/2.8 e duplicatore TC 1,4, senza monopiede, a sensibilità 200 ISO, in una giornata di sole che gli ha permesso di usare un tempo di scatto molto veloce, tanto da bloccare sia l'azione che i suoi micromovimenti: in fondo, rapportato al formato 24x36mm, il 300 duplicato per 1,4 era quasi un 600mm su digitale.
Della foto scelta gli è stato detto che sarebbe stata affissa sul territorio nazionale in formato 16x8 e 4x8 (metri…!!!!); Zardini non si capacitava di come da un piccolo jpg sarebbe stato possibile un ingrandimento del genere; dopo uno scambio di opinioni ed esperienze con Nital, ha fornito la sua immagine ricampionata con Photoshop ed ingrandita di sei volte in diverse riprese fino a farla pesare circa 400MB aperta ad 8 bit per canale RGB. Successivamente, chi ha curato la lavorazione di stampa della struttura, ha utilizzato un programma di interpolazione "intelligente" per moltiplicare ulteriormente i pixel, in modo decisamente più efficace di quanto offerto da un normale programma di fotoritocco ma soprattutto adeguato alla rosa di stampa utilizzato dalla specifica tecnologia. L'assenza di grana della fotografia digitale consente, padroneggiando con le variabili coinvolte, impensabili ingrandimenti su immagini specifiche che contengono il necessario dettaglio racchiuso nella matrice pixel.
Questo da oggi permette a Zardini di scattare in digitale con più tranquillità: fino a ieri pensava che il formato massimo di ingrandimento non avrebbe potuto superare il 70 x 100 cm fotografico, che era poi quello che vedeva lui nel suo monitor fino a che non vedeva i pixel.
Prima di questa esperienza Zardini, non potendo prevedere in anteprima tutte le esigenze desiderate dal rispettivo cliente, lavorava in doppio corredo analogico e digitale.
L’affissione Audi in formato 4x8 metri
esposta a Cortina d’Ampezzo.
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La campagna stampa è sui muri di molte città italiane ed anche a Cortina d'Ampezzo, nonostante da decenni siano vietate le pubblicità cartellonistiche a causa del pessimo impatto paesaggistico procurato. Per alcune campagne particolari o in situazioni che vedono coinvolto un fabbricato in ristrutturazione, viene concessa la possibilità di effettuare determinate affissioni a patto che siano campagne che abbiano un legame con la cittadina stessa.
L’attimo fuggente: Nikon D2H con 300mm f/2.8 (corrispondente a un 450mm nel formato 24x36mm) 1/1250 f/9. |
Oggi Zardini non lavora più in D100 ma in D2H, che pur avendo un numero di pixel inferiori ha un sensore con una qualità e gamma superiore. Zardini attende la D2X per tornare nuovamente, superandoli abbondantemente, ai 6 megapixel della precedente D100. Sul fronte del suo parco ottiche Zardini ha già in programma di adeguare ulteriormente le sue focali alle nuove che usciranno prossimamente senz'altro più perfomanti e dedicate per le reflex digitali.
Il progresso in tutti i settori, riferisce Zardini, prevede oggi un'innovazione tecnologica talmente rapida che noi professionisti dobbiamo metterci in testa che mentre ieri bastava una Leica o una Nikon F2 per stare tranquilli per almeno dieci anni – comunque, per fare un esempio, l'innovazione della F3 rispetto alla F2 era ben poca cosa - , oggi ogni due anni è necessario riprendere in considerazione il proprio corredo per adeguarlo alle nuove scoperte e alle nuove tecnologie, senza dimenticare che dalla prima fotografia di Daguerre alla prima pellicola in rollfilm di Gorge Eastman, sono passati "diversi decenni": ugualmente, questa nuova pellicola che è il sensore digitale deve ripercorrere un ugual cammino di progresso e migliorie anche se sicuramente in un lasso di tempo molto più breve di quanto ci si possa immaginare. Quanto fatto oggi con la D100, comunque, sarà replicabile anche negli anni successivi indifferentemente dalle innovazioni introdotte dai modelli successivi.
Anno 2000. Da un reportage effettuato al confine tra Afghanistan e Tajikistan relativo al traffico di droga: questa immagine fa parte di un servizio pubblicato su Panorama, Der Spiegel e sul mensile Max Germania. Nikon F5, Pellicola Kodak Ektachrome VS, obiettivo 20-35 f/2.8, luce mista, flash e naturale. |
Nel mercato è comunque il cliente che impone le condizioni tecnologiche ed il fotografo deve poterle soddisfare con competenza e padronanza. Oggi sul mercato editoriale spesso "vince" la foto che arriva prima nelle redazioni rispetto alla migliore in assoluto, che magari nel corso dell'anno alla fine viene comunque magari segnalata o premiata da qualche Award ma non fa "cassa".
Il fotografo ha la missione di comunicare le cose nel modo più corretto possibile perché noi - continua Zardini - abbiamo una grande responsabilità, la classe di quelli che hanno etica e non solo fotografica e quelli a cui basta un po' di sangue per fare notizia.
Zardini non manda le foto via satellite, quando un settimanale fa un servizio e compone un mosaico di foto scattare da diversi fotografi non si può avere un quadro personale e una visione soggettiva di quello che è accaduto, e non si offre al fotografo (che è anche un artista) la possibilità di comunicare quelle che sono state le sue sensazioni, diversamente dal giornalista (l'inviato speciale) che quando scrive un pezzo lo fa a due mani (anche se con due dita) e non a 4, 8 o 16 mani (anche se con un dito…) come avviene con le fotografie. Questo comporta che in Italia sono pochi i fotografi conosciuti anche all'estero per la loro "visione" mentre nei paesi nordici, come la Danimarca o la Scandinavia, i reportage pubblicati vengono fatti da un unico fotografo permettendogli di essere conosciuto anche all'estero; Zardini non manda via satellite ma porta il lavoro al suo ritorno dal fronte, consegnando non il presente ma il passato prossimo – ancora attualissimo – ma con la sua personalissima visione. Le uniche foto che vediamo nei libri di storia dello sbarco in Normandia sono quelle di Bob Capa e non sono mai state mescolate ad altre immagini riprese contestualmente da altri fotoreporter. Se noi prendiamo l'esempio più bello che è il National Geographic, quella è la scuola che bisogna seguire, dare la possibilità ad un corrispondente del nostro tempo di mostrare al mondo quello che ha visto e che la sua anima ha sentito. Per Zardini, In Italia non esistono riviste che lavorano con questo criterio.
Dal libro Barilla, concepito arditamente
a metà degli anni 80 – quando erano il medio e il grande formato ad andare per la maggiore – in formato di ripresa 24x36mm; Nikon 20mm su Kodak Ektachrome 64.
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Nella fotografia non esistono più gli inviati speciali. Se uno ha questa capacità e ha responsabilità deve impiegare una parte del suo tempo al servizio della collettività quindi con un reportage sociale; se uno, per fare un esempio, è un bravo fotografo di barche, che vada comunque una volta a fare un servizio sugli anziani, perché se ha questa capacità di trasmettere e questa esperienza tecnologica deve necessariamente impiegarla anche per reportage più sociali e meno di avvenimento.
Zardini non potrebbe mai concepire la sua vita e non solo professionale come fotografo di gare di polo, bob, o motoslitte…
In conclusione: è insolito che un fotografo lavori per AD, e contemporaneamente che lavori per lo sport o il sociale, ma Zardini considera una forma di pigrizia quella di specializzarsi solo nel food, per fare un esempio; certo, è una scelta che paga, che potrebbe far diventare il primo della classe ma lui trova molto più stimolante il fatto di sperimentarsi e confrontarsi e mettersi alla prova in settori sempre diversi perché quando uno acquisisce delle capacità tecniche di comunicazione visiva può sempre dare un apporto migliorativo in un settore che non conosce, proprio per il fatto che per lui è tutto nuovo è tutto da scoprire (detto da un ragazzo del 45 è tutto dire: meditate giovani, meditate…). Questo serve anche sul piano delle soluzioni e dei problemi tecnologici che di volta in volta si possono presentare durante uno shooting, e in ultimo per non sedersi ma per continuare a crescere, rimettendosi quotidianamente in discussione sia da un punto di vista professionale che umano.
di Gerardo Bonomo
www.stefanozardini.com
www.dolomitiphoto.com
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