Il dirigibile appena gonfiato nel suo hangar pronto
per alzarsi in volo. |
Che la fotografia dal momento della sua scoperta sia sempre stata obiettiva compagna della ricerca scientifica è un fatto noto: pensiamo solo a cosa sarebbe stata la missione dell'Apollo XI se gli astronauti non avessero potuto documentare la loro experience (vera experience…) con l'ausilio delle macchine fotografiche. Sì, sono tornati a casa con tanti bei sassolini, ma personalmente abbiamo sempre trovato molto più affascinanti le foto che hanno portato indietro piuttosto che i frammenti di suolo lunare.
Dall'introduzione della fotografia digitale le sinergie tra ricerca e fotografia non hanno fatto altro che aumentare, questo grazie all'immediatezza del digitale: non dimentichiamo che la Polaroid per decenni ha sviluppato progetti di applicazione della pellicola istantanea in campo scientifico e oggi a raccogliere questa sfida è il digitale.
Il dirigibile fissato sul sito con tre ancoraggi pronto per realizzare le coppie di stereofotografie eseguite dalle Coolpix 3100.
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Dirigiamoci verso l'experience.
Questo è un'experience diverso dal solito, dove non siamo noi per una volta ad essere i protagonisti: il protagonista questa volta è il Prof. Massimo Gallorini, docente di ingegneria elettronica, sistemi automatici, telematica ed informatica; ci fermiamo qui, perché i titoli accademici potrebbero riempire mezzo sito.
Il Prof. Gallorini, grazie alle sue conoscenze di elettronica ed automatizzazione, unite a un desiderio primo di ricercare nuove soluzioni è anche un "ponte" teso tra la sua esperienza e quella di molti colleghi iperspecializzati in qualche branca universitaria ma con nessuna conoscenza specifica né di tecnologia di automatizzazione né di fotografia.
Qui ci concentreremo su un recente progetto messo a punto dal prof. Gallorini: si trattava di fotografare i fronti rocciosi delle cave di marmo del carrarese e del senese per lo studio della stabilità; era quindi necessario fotografare da una certa altezza i fronti rocciosi in stereoscopia per poi permettere attraverso uno studio fotogrammetrico di rilevare lo stato di questi siti.
Il progetto è stato realizzato assieme all'Università di Siena - Geotecnologie con il Prof. Fantozzi e l'Istituto Tecnico Industriale di Arezzo Galileo Galilei - Classe 5C Elettronico Informatico dove il Prof. Gallorini insegna Sistemi Automatici.
La coppia di Nikon Coolpix 3100 pronte per le riprese.
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Due parole sulla stereoscopia.
La stereoscopia è nata quasi contestualmente alla fotografia, alla fine dell'800: già allora era stato dimostrato che se un oggetto fosse stato fotografato da due fotocamere o da due obiettivi distinti, contemporaneamente, e se le due immagini ottenute fossero state osservate in modo che l'occhio sinistro avrebbe potuto vedere la sola immagine scattata dalla macchina o dall'obiettivo di sinistra e l'occhio destro quella destra, l'osservatore avrebbe percepito, esattamente come nella realtà, anche la "profondità del soggetto inquadrato", in una parola, il rilievo. Proprio a causa del fatto che i sistemi per tenere separate le due immagini per gli occhi sono decisamente più macchinosi rispetto alla visione classica di una fotografia, la stereoscopia non ha mai avuto grandi consensi di pubblico, neppure quando Edwin Land, con l'invenzione delle lenti polarizzanti, riuscì ad applicare la stereoscopia anche alla cinematografia: i grandi fruitori furono soprattutto gli americani (ricordate il View Master?) e ancora oggi la stereoscopia è vista come un curioso entertaiment, ed è applicata soprattutto alla cinematografia con il puro fine della spettacolarità.
Da terra si comanda l'altezza ed il posizionamento
del dirigibile via filo e gli scatti delle Coolpix
via radio. |
Nel mondo scientifico una delle applicazioni tutt'ora in essere è quello della stereofotogrammetria: si fotografa dall'alto un sito, piuttosto che una montagna, montando le fotocamere a una certa distanza una dall'altra o facendo scattare una singola fotocamera con un intervallo tra uno scatto e l'altro sufficiente a consentire lo scatto, poniamo della stessa montagna, con due punti di vista sufficientemente diversi da permettere poi di rivedere le due immagini accoppiate restituendo la tridimensionalità alla situazione fotografata; in questo modo è possibile per esempio misurare con precisione l'altezza assoluta di una montagna e le differenti quote nei vari punti della stessa.
Uno scatto della Coolpix posizionata a sinistra…
… e lo scatto di destra. Per questa coppia di immagini sono state utilizzate due Coolpix 5000
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Nel caso dei fronti rocciosi delle cave di marmo il prof Gallorini ha innanzitutto fatto realizzare da una ditta specializzata un dirigibile lungo 8 metri e di 3 metri di diametro con una portata massima di 10Kg.; ha poi montato a prua e a poppa una fotocamera Nikon Coolpix 3100. Le macchine venivano radiocomandate via terra con un'interfaccia meccanica installata su ciascuna macchina, che provvedeva allo scatto della fotografia; si sarebbe anche potuto agire in modo meno meccanico e più elettronico, smontando le fotocamere e collegando i radiocomandi direttamente al sistema elettronico delle fotocamere stesse ma, per evitare comunque di cannibalizzare le stesse si è optato per la soluzione del "dito meccanico".
Il dirigibile è stato posto sulla verticale della zona degli scavi, semplicemente sfruttando la forza ascensionale del gas elio con cui era stato gonfiato, ed è stato poi fissato con delle cime a tre punti che formavano tra loro i vertici di un triangolo. Poiché il triangolo è una figura geometrica indeformabile il dirigibile poteva essere posizionato con precisione matematica in qualsiasi punto dello spazio e fatto traslare in ogni direzione con movimenti micrometrici, il tutto senza che i venti in quota lo potessero spostare o imbardare durante le riprese. E' possibile naturalmente scattare sia fotografie "in pianta", sia parallele al sito, disponendo le fotocamere di volta in volta in modo che si trovino parallele alla superficie da analizzare, sia essa orizzontale – suolo – che verticale – montagna -.
Le immagini poi sono state opportunamente elaborate sia per la restituzione di proiezioni fotogrammetriche che per la visione stereoscopica dei vari punti dei siti. La visione stereoscopica in questo caso viene ricavata attraverso la trasformazione delle immagini originali in anaglifi: ogni coppia di immagini sinistra/destra viene elaborata in modo che una risulti in visione rielaborata con una dominante tendente al rosso, verde l'altra, le due immagini vengono poi fuse in una sola immagine e osservate attraverso un paio di occhiali che hanno una lente colorata in verde e l'altra in rosso; in questo modo, se l'occhio di sinistra osserva attraverso la lente rossa, potrà vedere dell'immagine solo le parti rosse, quindi quelle attribuite all'immagine di sinistra, il destro, attraverso la lente verde, vede dell'immagine solo i particolari verdi e legge dell'immagine solo le parti verdi, quindi quelle attribuite all'immagine di destra, le due immagini vengono poi elaborate a livello neurologico – esattamente come avviene quando si guarda la realtà – e il risultato finale è un'immagine dove oltre alla percezione della larghezza e della lunghezza si ha anche la percezione della profondità, della terza dimensione, quindi. Utilizzando poi specifici programmi di fotogrammetria è possibile calcolare perfettamente tutte e tre le dimensioni rappresentate nell'immagine finale, e quindi studiare la zona del territorio ripresa.
Ed ecco l'anaglifo risultante dalla fusione delle
due immagini; da questo punto è possibile un'analisi scientifica dell'immagine per rilevare tutti i dati necessari allo studio ed alla monitorizzazione
del sito.
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Lavorando direttamente in digitale si ottengono molti vantaggi: innanzitutto l'autonomia di scatto aumenta in proporzione alla capacità della scheda di memoria della macchina, non è quindi necessario far atterrare il dirigibile e cambiare la pellicola come avviene con le fotocamere analogiche; inoltre le coppie di immagini digitali possono venire immediatamente elaborate con il programma di fotoritocco e trasformate in anaglifi, mentre partendo da coppie di diapositive queste devono prima essere scannerizzare. Fatto decisamente inconsueto – ma questo è il bello del digitale – è che le fotocamere impiegate, due Coolpix 3100, sono due compatte digitali amatoriali, ma opportunamente preparate hanno permesso di essere impiegate con ottimi risultati in una ricerca rigorosamente scientifica.
Il prof. Gallorini non ha intenzione di fermarsi qui: ha già in progetto un sistema di monitoraggio e studio di libri antichi con tecniche di diagnostica e addirittura di restauro non invasive, partendo anche in questo caso dall'impiego di una fotocamera digitale, due per la precisione, una Coolpix per le riprese video e una Nikon D70 per gli scatti fotografici in alta risoluzione interfacciando la fotocamera ad un endoscopio.
di Gerardo Bonomo