Introduzione: il problema della scarsa profondità di campo in macro
Macrofotografia, una delle specialità più affascinanti e complicate della fotografia.
Affascinante perché permette di ingrandire e vedere particolari dei soggetti invisibili a occhio nudo; complicata per l'uso della luce e della messa a fuoco.
Quest'ultima in particolare è un fattore critico, in quanto la profondità di campo è estremamente limitata, causa le ridotte distanze di ripresa.
Si definisce profondità di campo la zona attorno al piano di messa a fuoco che è considerabile di nitidezza sufficiente per la visione umana che, come è noto, si “accontenta” facilmente. Il piano a fuoco è infatti otticamente solo uno ed è limitatissimo nello spazio. L'occhio attribuisce a una zona estesa prima e dopo questo piano una sufficiente nitidezza, detta “profondità di campo a fuoco”.
L'estensione di questa zona dipende da diversi fattori: lunghezza focale, distanza di ripresa e apertura del diaframma.
Le formule matematiche permettono di calcolare con precisione l'estensione della zona nitida, in rapporto a una grandezza chiamata cerchio di diffusione, che rappresenta lo standard di nitidezza di un punto. In sostanza: un punto luminoso viene sempre riprodotto come un cerchietto, di dimensioni molto piccole. Il diametro di questo cerchio rappresenta “quanto piccolo” desideriamo sia un cerchietto luminoso perché il nostro sistema percettivo occhio/cervello lo riproduca come un punto.
Fotografando una stella questa sarà riprodotta come un cerchio di luce dall'obiettivo, che interesserà un limitato numero di pixel. Sotto una certa soglia la si vedrà come un puntino di luce e la si considererà una stella correttamente messa a fuoco.
Ogni soggetto è otticamente fatto da puntini di luce, che vengono riprodotti come cerchietti luminosi, tanto più grandi quanto più lontani dal piano di messa a fuoco. Se questi sono troppo grandi si sovrappongono e il soggetto appare confuso nei dettagli, fuori fuoco.
In digitale la messa a fuoco è critica, causa l'estrema nitidezza del sensore che non ha la grana della pellicola, quindi il cerchio di diffusione deve essere considerato più limitato.
Un punto del soggetto viene riprodotto come un cerchietto di luce se non giace sul piano di messa a fuoco.
Riducendo l’apertura del diaframma si migliora la sensazione di nitidezza. Per approfondire vedere
l’eXperience Geometrie ottiche e profondità di campo nelle fotocamere reflex digitali © Marcello Melis
In conclusione: la profondità di campo è direttamente proporzionale alla distanza di ripresa e al numero f/ di apertura del diaframma; mentre è inversamente proporzionale alla lunghezza focale.
La macrofotografia porta a scattare in una situazione critica: breve distanza dal soggetto, focale medio-lunga e spesso diaframmi aperti per mantenere tempi di scatto brevi.
Uno dei cavalli da battaglia della macro è sempre stato il Micro-Nikkor 105mm, una focale medio-lunga, che arriva al rapporto di ingrandimento 1:1 e che impone tempi piuttosto elevati, attorno a 1/125s o superiori.
Ciò è meno importante ora, con la versione AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f/2.8 G IF-ED, utilizzato per questo eXperience, dotato di stabilizzatore ottico di immagine, che permette di chiudere il diaframma guadagnando quattro stop rispetto al tempo limite: si può scattare tranquillamente a 1/15s, bilanciando bene un fill-in con la luce ambiente.
La scala della messa a fuoco del AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f/2.8 G IF-ED riporta le distanze di ripresa in metri e piedi,
oltre alla scala di riproduzione del soggetto. Ad esempio il valore 2 sta per 1:2, cioè un ingrandimento dell’immagine
la metà della dimensione del soggetto. Il limite della focheggiatura è a 1:1, cioè pari dimensioni dell’immagine e del soggetto.
© Valerio Pardi
Anche a diaframma chiuso la profondità di campo rimane comunque limitata, a causa della ridotta distanza di ripresa che è responsabile di un elevato rapporto di ingrandimento, il quale “la fa da padrone” nell'influenzare il risultato delle formule matematiche.
Per esempio: a corredo del Micro-Nikkor 105mm c'è una tabellina della profondità di campo, che per una distanza di ripresa di 40cm (rapporto di ingrandimento 1:2) a f/16 assegna 1cm di estensione della profondità di campo.
È così, dipende dalle leggi dell'ottica e non ci si può fare nulla.
Per aumentare la profondità di campo su un soggetto tridimensionale si può chiudere il diaframma al massimo, tuttavia si incorre in una perdita di nitidezza dovuta alla diffrazione della luce che passa attraverso la stretta apertura fisica della lamelle. Inoltre basta un piccolo movimento del soggetto per vanificare il vantaggio ottenuto: chiudendo il diaframma è d'obbligo aumentare il tempo di posa.
Immagini eseguite alla luce del sole con il AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f/2.8 G IF-ED su D700. Quella a sinistra a f/8, T 1/800s, ISO 200, mentre quella a destra a f/40, T 1/25s, ISO 200. Come si vede nella prima foto la profondità di campo è limitata alla zona centrale del soggetto. Nella seconda anche attivando lo stabilizzatore d’immagine la nitidezza è scarsa a causa di un minimo movimento del soggetto dovuto a un alito di vento. A breve distanza il rapporto di ingrandimento elevato produce un vistoso effetto mosso anche con movimenti altrimenti poco significativi.
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