Ganga Ma, madre Gange

A cura di: Simone Gabrielli

Il fascino dell'India e del suo grande fiume, il Gange. Le immagini e il racconto narrano la sacralità di un evento unico nel suo genere.
 

Dev bhoomi, terra degli dei. È questo l’Uttarakhand per gli hindu. È la prima terra che viene bagnata dalla madre Gange. È qui, nelle altitudini dei ghiacciai dell’Himalaya, che il corso d'acqua più sacro dell’India prende vita. Il nostro viaggio è lambito dalle acque del fiume a valle, dove il Gange lascia le Shivalik hills ed entra nella città di Haridwar. Qui gli occhi si riempiono di colori e i sensi sono travolti dall’immensa varietà di stimoli che questa terra e il suo popolo hanno da offrire. Ma tutto inizia in sordina, al sorgere del sole.

Ore 5:30 del mattino, Haridwar. Il gruppo è pronto, attrezzatura alla mano, per assistere al risveglio della città. È la mia prima volta in questa terra. Sono emozionato.
In rispettoso silenzio, raggiungiamo il ghat Har-ki-Pairi per assistere alle abluzioni dei primi pellegrini giunti in città da ogni parte dell’India.
 

Secondo la tradizione, Har-ki-Pairi, letteralmente “Orma di Dio”, è il luogo in cui Visnu versò del nettare celestiale per poi imprimervi la propria orma. L’aura di sacralità di questo luogo si fa sempre più densa man mano che i raggi del sole iniziano a rischiarare il ghat.
Vedere l’atmosfera familiare, la dimensione intima che permea il momento di questo bagno purificatore, assistere all’attimo in cui le offerte al fiume vengono trascinate via dalla corrente, mi fa sentire quasi un intruso. Ma poi ecco, la cordialità della gente mi sorprende, con i suoi gesti e i suoi atteggiamenti affabili. Un sorriso mi invita a scattare una foto per sé e per quello dei suoi familiari, a immortalare un momento di grande spiritualità individuale ma anche di grande gioia collettiva. Entro in acqua ed ecco che ora l’estraneo si sente parte di questo tutto, di quel qualcosa che la tecnologia non potrà mai, ahimè, far rivivere.
La leggera foschia mattutina nell’aria, che si è rilevata un complice perfetto per avere la luce sperata, dura giusto il tempo che permette di assaporare queste emozioni, poi, con il sole ben visibile sopra la sponda opposta del fiume, svanisce e il ghat torna pian piano a traboccare di vita, di voci e di colori. Torneremo domani per vedere un nuovo risveglio dalla sponda opposta.

Ore 18:30, ghat Har-ki-Pairi. Il sole è appena tramontato. Una folla immensa si raduna sui gradoni del ghat e si avvicenda sulla banchina che digrada in due o tre scalini nel fiume. Mani cingono cesti di foglie di banano riempiti con petali magenta e arancio, sono le offerte alla divinità. Al centro dei cesti, una candela illumina il viso del fedele pronto ad affidare le proprie richieste alla corrente.


La notte scende rapidamente e tutto attorno centinaia di lucine si accendono e vengono adagiate sul nastro dorato che scorre sotto i nostri occhi. Distolgo lo sguardo dal mirino e resto incantato a guardare questo spettacolo così solenne.

L’oscurità è ormai sopraggiunta e il fiume sembra pulsare di vita incalzato dal crescere delle preghiere e dal calore dei fuochi purificatori che tutto attorno si sono accesi e che ora illuminano di una luce perfetta le centinaia di fedeli radunati per il ganga aarti. Mi desto e inizio a scattare.

Di nuovo le 5:30 del mattino, Haridwar. Questa volta siamo pronti per quello che ci aspetta al ghat.
Questa mattina è limpida, cristallina. Siamo sulla sponda opposta al ghat Har-ki-Pairi.
Occhio al mirino, mi rendo subito conto che qualcosa è cambiato, è un tripudio di volti sorridenti e festosi. Quell’intimità assaporata ieri mattina ha lasciato il posto alla vitalità della gente che popola innumerevole l’isolotto di fronte al ghat.
 

Gli uomini parlottano tra loro mentre le donne, uscendo dall’acqua, tessono le loro confidenze ammantate di mille colori tra le decine di sari al vento stesi ad asciugare. I bambini corrono in ogni dove, i giovani giocano in acqua e qualche temerario sfida la corrente del fiume a tratti quasi impetuoso. I macachi partecipano con i loro richiami sulle mura degli edifici lambiti dall'acqua.

Ogni giorno questo spettacolo si ripete, sempre diverso. Ogni giorno altre persone, altri visi, altri colori verranno a rendere omaggio alla madre Gange.

Vorrei rimanere più a lungo ad ammirare questo spettacolo e cercare di capire a fondo questo mondo, questa gente, ma il tempo stringe e un paio d’ore dopo sono con il mio gruppo su un furgone diretto a Nord.

 

Rishikesh. Si intravvedono i primi raggi di luce che guizzano da dietro i crinali dei promontori che delimitano il corso del fiume. Qui il Gange ha una nuova cornice e le sue sponde, costeggiate dalle pareti boscose delle colline, offrono ai nostri occhi un altro volto dell’India. Ci dirigiamo verso Nord nella zona di Lashmann Juhla, dove speriamo di trovare situazioni più originali e genuine del ganga aarti visto al nostro arrivo. Uno spettacolo che avrebbe appagato la curiosità del “turista” di Kipling, ma i miei compagni di viaggio ed io, siamo qui per vedere altro.

Lasciato il centro della città, ci basta scendere lungo le rive del fiume per trovare nuovi spunti che appagano la nostra brama documentaristica. Un uomo fa yoga tra le rocce delle sponde, un sâdhu contempla la corrente del Gange dal suo giaciglio improvvisato, una ragazza, intenta in un’offerta al fiume, chiede di non essere fotografata. Non scatto e mi scuso lo stesso, poi vado oltre. È sicuramente una città più impegnativa dal mio punto di vista: la gente è più smaliziata nei nostri confronti e più spesso ci nega lo scatto. Tra me e me penso che se nel ’68 i “quattro ragazzi di Liverpool” non fossero passati di qui, forse oggi non sarebbe così.
Il nostro viaggio andrà avanti, lasceremo le acque del fiume e saliremo di quota verso Mussoorie per non negarci la vista delle vette dell’Himalaya, poi di nuovo a Delhi passando per la stazione di Dehra Dun.

Vedremo un’altra India ancora, bellissima e contraddittoria come pochi altri luoghi al mondo, ma è quella cullata dalla madre Gange che porterò nel cuore al mio rientro.



Attrezzatura:
• Nikon D700
• AF-S Nikkor 24-70mm f/2.8G ED
• AF-S Nikkor 70-200mm f/2.8G ED VR II
• AF DC-Nikkor 105mm f/2D
• Flash Nikon SB-900


Ringraziamenti:

La realizzazione di questo articolo è stata possibile anche grazie agli amici di www.fotografiaeviaggi.it, in particolare ai tagli di luce con cui Jordi Ferrando i Arrufat ha illuminato il mio cammino fotografico.



 

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